Notizie Flash

2 MILIONI di pagine visitate su telescopedoctor.com

Alla fine di maggio 2012 questo sito ha raggiunto il bel risultato di 2 milioni di pagine visitate da quasi mezzo milione di visitatori. Trattandosi di un sito in lingua italiana, mi sembra un risultato degno di nota. Un grazie a tutti i visitatori passati, presenti e futuri. Colgo l'occasione per scusarmi per avere recentemente trascurato la Posta Tecnica e i Test Strumentali. A breve ho programmato l'inserimento di nuovi articoli. Ancora grazie a tutti!.


Elenco Ultimi Test, Articoli e Documenti

Ultimi test pubblicati su questo sito:

* 10Micron GM1000HPS
* TDM (encoder assoluto)
* Celestron SkyProdigy
* Lunt LS35F35
* Oculare TS-ED 40 mm
* Rifrattore StarpStar 106
* Autoguida LVI-SG2
* Oculari Masuyama
* RILA 325
* Binocolo Nexus II
* Meade 127 Triplet vs SW 120 ED
* Camera CCD Flea3
* Barlow (test comparativo di 6 Barlow "classiche")

Nuovi Articoli e Documenti
(sezione Articoli)

* Misura di stelle doppie con MicroGuide
* La collimazione dei rifrattori
* Guida alla pulizia delle ottiche astronomiche
* Autocostruzione appoggi anti-vibrazione
* Le focali del C8 (SCT)
* Rivista Osservazioni astronomiche (1972)
* Guida alla scelta degli oculari
* Cataloghi Telescopi Alinari Torino 1960-1963-1975
* Come scegliere il Telescopio

 

 

Fotografia al profondo cielo

LA FOTOGRAFIA AL PROFONDO CIELO

1993
Per fotografare galassie e le nebulose è necessario un notevole impegno, precisione di lavoro e tanta fatica. Ecco come raggiungere i migliori risultati con il minimo degli errori e delle incertezze.
Nota importante; il lettore deve tenere conto del fatto che l'articolo si basa sulla tecnologia delle pellicole foto-chimiche.
 

La fotografia del profondo cielo sta conoscendo da anni una popolarità senza precedenti. I motivi di questo successo sono molteplici, ed hanno radici antropologiche, sociologiche e tecnologiche. Tra le probabili cause di tipo sociologico citiamo l'affermarsi della cultura dell'immagine ed il fascino che esercita sull'uomo l'immensità dello spazio profondo. Le cause tecnologiche possono essere individuate nel costante affinamento della tecnologia dei telescopi per dilettanti e la crescita esponenziale della sensibilità e della capacità analitica delle pellicole fotografiche reperibili sul mercato.

Non c'è dubbio che realizzare una bella foto astronomica di un oggetto del profondo cielo sia molto più facile al giorno d'oggi di quanto non fosse anche solo pochi anni fa, sempre che si utilizzino telescopi e pellicole di produzione recente. Nonostante queste facilitazioni, la fotografia del profondo cielo resta una attività difficile e impegnativa, anche sotto il profilo finanziario.

Infatti la realizzazione di una bella foto del profondo cielo richiede la cura di un grande numero di dettagli operativi, che insieme concorrono per il successo o l'insuccesso della foto.

Le operazioni che devono essere eseguite con precisione per fare una buona foto del profondo cielo sono le seguenti:

1) CONTROLLI PRELIMINARI

  •  controllo del telescopio (efficienza dell'ottica, collimazione, efficienza meccanica, elettrica ed elettronica, presenza di tutti i componenti, carica delle batterie di alimentazione).
  • controllo efficienza degli accessori del telescopio (raccordi, oculare con reticolo, eventuale telescopio guida, ecc.).
  • controllo efficienza fotocamera e suoi accessori (flessibile, pile, schermi di messa a fuoco, mirini, ecc.).
2) ALLINEAMENTO POLARE
  • da eseguire quando lo strumento viene montato sul posto e non è in postazione fissa (come uno strumento da osservatorio)

3) MESSA A FUOCO

4) PUNTAMENTO SOGGETTI

5) RICERCA DELLA STELLA DI GUIDA

6) GUIDA

7) SVILUPPO E STAMPA FOTO

Se non si cura con grande precisione anche uno solo dei passaggi elencati, si otterranno foto di cattiva qualità cioè mosse o sfuocate o con il soggetto fuori campo, o male esposte. Tutto questo dando per scontato che l'astrofotografo scelga in modo corretto la pellicola ed i tempi di posa corrispondenti a seconda dei soggetti che intende riprendere e della qualità del cielo.

Leggendo questa premessa un principiante potrebbe spaventarsi e rinunciare ancora prima di iniziare a cimentarsi in questa affascinante "disciplina". Una volta appreso il metodo di lavoro, sarà invece facile eseguire in tempi ragionevoli le operazioni preliminari ed i primi risultati positivi saranno di incentivo per continuare.

LISTA PARTI NECESSARIE PER POTER FARE FOTO AL PROFONDO CIELO

  • TELESCOPIO EQUATORIALE CON MOTO ORARIO ELETTRICO E VARIATORE DI VELOCITA'. con POSSIBILITA' DI PORRE UNA FOTOCAMERA AL SUO FUOCO DIRETTO
  • BATTERIA DI ALIMENTAZIONE DEL TELESCOPIO
  • SISTEMA DI GUIDA CHE PUO' ESSERE UN TELESCOPIO DI GUIDA, MONTATO IN PARALLELO AL TELESCOPIO PRINCIPALE E DISASSABILE DI QUALCHE GRADO, OPPURE UN SISTEMA DI GUIDA FUORI ASSE CHE CONSENTA DI INTERCETTARE PARTE DELLA LUCE PROVENIENTE DAL TELESCOPIO, DEVIATA VERSO L'OCULARE DI GUIDA.
  • OCULARE di CORTA FOCALE CON RETICOLO ILLUMINATO e BATTERIA
  • RACCORDO PER COLLEGARE LA FOTOCAMERA AL TELESCOPIO
  • FOTOCAMERA REFLEX CON SCATTO FLESSIBILE
  • PELLICOLA FOTOGRAFICA
  • OROLOGIO
  • TORCIA ELETTRICA A LUCE ROSSA
  • ATLANTE CELESTE E CATALOGO
  • TACCUINO E MATITA PER ANNOTARE I DATI DELLE FOTO SCATTATE
  • CASSETTA ATTREZZI COMPLETA
  • SET PILE DI RICAMBIO PER TUTTI I DISPOSITIVI ELETTRICI IMPIEGATI
OPZIONALI:
  • STAZIONE METEO TASCABILE PER CONOSCERE TEMPERATURA, PRESSIONE ATMOSFERICA E UMIDITA' RELATIVA
  • BENDA DEL PIRATA (per non affaticare i muscoli del viso durante la guida)
  • WALKMAN (per trascorrere le ore di guida con un po' di musica)
  • SCALDINO (per non congelarsi le mani in caso di temperatura molto rigida)
  • BEVANDE CALDE (ma non alcooliche)

IL RACCORDO FOTOGRAFICO

Questo tipo di fotografia astronomica, quando viene utilizzato un telescopio, prevede la tecnica del "fuoco diretto", ovvero ma fotocamera, privata dell'obiettivo, viene collegata al telescopio per mezzo di un semplice tubo metallico, senza interporre lenti, o oculari di mezzo. Talvolta si usano sistemi per modificare la lunghezza focale del telescopio fotografico anche per la ripresa degli oggetti del profondo cielo. Parleremo più avanti dei moltiplicatori e riduttori di focale, che comunque non modificano la sostanza del raccordo fotografico.

Un particolare tipo di raccordo, chiamato raccordo per guida fuori asse, consente anche di guidare utilizzando la stessa ottica usata per fotografare.

I SOGGETTI: GLI OGGETTI DEL PROFONDO CIELO

Quando si vuole fotografare un soggetto, è necessario conoscerne la natura, almeno da un punto di vista fotografico.

DIMENSIONI

Prima di tutto, abbiamo a che fare con soggetti di dimensioni angolare molto variabili, da pochi decimi di secondo d'arco fino a molti gradi. La conoscenza di questi valori è necessaria a priori per la scelta della focale utile del telescopio. Oppure, affrontando il problema in modo inverso, si sceglieranno i soggetti in base alla focale del telescopio (o dell'obiettivo) che si possiede. Per esempio, per fotografare una piccola nebulosa planetaria come la Esquimo (NGC 2392 in Gemini), che ha dimensioni angolari di 47 x 43", sarà opportuno non impiegare focali inferiori ai 4000 mm. Infatti, con questa focale si otterrebbe un'immagine di solo 1 mm sulla pellicola. Già con queste dimensioni è necessario ingrandire parecchio la negativa in fase di stampa, perdendo dettagli e contrasto a causa della granulosità della pellicola. Al contrario, per riprendere la galassia M31 in Andromeda (dimensioni 2.7 gradi) sarà bene utilizzare focali non superiori ai 750-800 mm, altrimenti il soggetto non potrà essere inquadrato completamente nel fotogramma, perché troppo grande.

Luminosità Superficiale e Latitudine d'Esposizione

Ad eccezione degli ammassi globulari e di alcune nebulose, gli oggetti del profondo cielo sono caratterizzati da una bassa luminosità superficiale. Questa caratteristica incide profondamente nella determinazione del tempo di esposizione. Inoltre le differenze di luminosità superficiale tra, ad esempio, i nuclei delle galassie e le braccia più esterne portano a calcolare tempi di esposizioni molto dissimili, che spesso non possono essere compensati dalla latitudine di posa delle pellicole impiegate, di cui parleremo più avanti. La luminosità superficiale di questi oggetti è talmente vicina a quella del fondo-cielo che è necessario saturare la pellicola (si ottiene la saturazione della pellicola quando l'allungamento dell'esposizione non aumenta la visibilità dei dettagli ma solo la luminosità del fondo-cielo) per catturarne la luce.

Ricordiamo che la pellicola ha la capacità, al contrario dell'occhio umano, di accumulare la luce, aumentando il proprio annerimento all'aumentare del tempo di esposizione. Grazie a questa proprietà, la pellicola fotografica consente la ripresa di oggetti di debolissima luminosità.

LUNGHEZZA D'ONDA DELLA LUCE EMESSA DAGLI O.P.F.

Gli oggetti del profondo cielo, da un punto di vista del colore della luce che emettono, possono essere divisi in due grandi categorie: quelli a luce di tipo stellare e quelli a luce nebulare, dovuta cioè all'eccitazione dei gas. La prima categoria comprende gli ammassi aperti e globulari e le galassie, mentre la seconda comprende le nebulose planetarie e ad emissione. Dal punto di vista fotografico, questa differenziazione è importante per la scelta delle pellicole e dei filtri più adatti ad ogni soggetto. Gli oggetti a luce stellare sono prevalentemente oggetti "blu", mentre quelli a luce nebulare sono sostanzialmente "rossi". Le pellicole moderne reperibili in commercio sono tutte pancromatiche, cioè hanno un intervallo di sensibilità spettrale molto ampio. Vengono cioè impressionate sia dalla luce blu che da quella rossa, anche se in misura diversa. Occorrerà però valutare sperimentalmente la resa di ciascuna pellicola a seconda del tipo di soggetto. Per quanto riguarda i filtri, gli unici utilizzati nella fotografia al profondo cielo sono quelli "nebulari", oltre a quelli rossi, come vedremo più avanti.

IL BILANCIAMENTO DEL TELESCOPIO

Questa operazione è fondamentale per la buona riuscita delle foto perché mette in condizioni il moto orario del telescopio di funzionare a dovere. Il moto orario di un telescopio infatti insegue con regolarità quando l'asse orario non è sottoposto a tensioni dovute ad un eccessivo sbilanciamento. In molti casi esso trae un certo giovamento quando si crea appositamente uno sbilanciamento nella direzione del moto del telescopio.

Un cattivo bilanciamento inoltre amplifica le vibrazioni che il telescopio genera quando viene toccato (chi riesce a usare il telescopio senza toccarlo scagli la prima pietra); il risultato è una foto "mossa" cioè sbagliata. Il bilanciamento deve essere eseguito con cura dopo avere montato tutti gli accessori necessari alla ripresa di fotografie. E' necessario eseguire il bilanciamento su entrambi gli assi del telescopio, con calma e pazienza, utilizzando contrappesi scorrevoli oppure spostando gli accessori in posizioni più adatte (per le istruzioni dettagliate, consultate il manuale fornito dal fabbricante o un qualsiasi manuale per l'uso del telescopio).

Un telescopio risulterà perfettamente bilanciato quando, aprendo tutti i blocchi dei due assi e liberando eventuali frizioni, il tubo ottico rimarrà immobile in qualsiasi posizione venga lasciato. Nella realtà questo tipo di bilanciamento è quasi impossibile da ottenere perché nella maggioranza dei casi il tubo risulterà bilanciato in alcune posizioni, tendendo a muoversi in altre.

Pertanto il migliore consiglio è di eseguire un bilanciamento "dinamico" per ognuna della fotografie a lunga esposizione che avremo in mente di effettuare. Cioè punteremo il telescopio nella direzione del prossimo soggetto, e bilanceremo il telescopio in quella posizione; questo assicurerà i migliori risultati.

L'ALLINEAMENTO POLARE DELLA MONTATURA

Questa importantissima operazione è necessaria per consentire al telescopio ed al suo moto orario di inseguire con precisione il moto apparente degli oggetti celesti durante le lunghe pose. La postazione deve essere eseguita con telescopi dotati di montatura equatoriale, che sono gli unici adatti alla ripresa fotografica a lunga esposizione degli oggetti del profondo cielo.

I telescopi computerizzati altazimutali, recentemente comparsi sul mercato internazionale, che puntano ed inseguono con precisione questi oggetti, non sono idonei a questo tipo di fotografia, salvo che non vengano anch'essi montati in configurazione equatoriale. Infatti un telescopio in configurazione altazimutale insegue il cielo ma non può impedire che il campo inquadrato dal telescopio ruoti, producendo foto a lunga esposizione ben inseguite al centro ma "strisciate" ai bordi.

I METODI

Esistono vari metodi per effettuare la postazione equatoriale di un telescopio, che differiscono tra loro per grado di semplicità e di precisione. Non sempre un metodo semplice e rapido è anche impreciso, come dimostra il caso dell'uso del cannocchiale polare. Deve risultare chiaro che il metodo che dovrà essere prescelto dipenderà dal grado di precisione che si vuole ottenere ed anche dal tempo che si ha a disposizione.

Infatti il più delle volte la fotografia al profondo cielo viene praticata con telescopi portatili con la formula del "vado (in montagna, o comunque in un luogo con un bel cielo), monto tutto, fotografo, smonto e torno", tutto in una notte.

In queste condizioni, un metodo rigoroso e precisissimo come quello della "deriva in declinazione" porterebbe via più di un'ora e sarebbe quasi inaccettabile. Per fortuna molti telescopi moderni sono dotati di serie di alcuni utili accessori come il cercatore con reticolo polare o il cannocchiale polare che aiutano l'astrofilo ad ottenere in tempi rapidi una postazione soddisfacente.

Se al contrario non si dispone di nulla più di un telescopio con dotazione "normale", occorrerà ingegnarsi.

NOTA: per ottenere buoni risultati con i metodi descritti qui di seguito è necessario accertarsi che il cerchio graduato di declinazione sia ben regolato, e che i due assi di Ascensione Retta e Declinazione siano perfettamente perpendicolari tra loro. Sarà utile (anche se non indispensabile) mettere perfettamente in "bolla" il treppiede o la colonna del telescopio per fare in modo che i moti micrometrici che agiscono sul puntamento dell'asse polare corrispondano in modo preciso al movimento in altezza ed al movimento in azimut, senza ambiguità.

NOZIONI FONDAMENTALI

La stella polare non coincide con il Polo Celeste vero, ma ne dista attualmente circa 50', cioè poco meno di un grado. A causa della precessione degli equinozi e della combinazione dei vari moti propri, questa distanza tende a crescere progressivamente con gli anni, come evidenziato nella cartina (figura X).

Per trovare il polo vero usando la cartina:

  • verificate che il cercatore e il telescopio siano perfettamente allineati tra loro.
  • ruotate il tubo del telescopio fino a renderlo esattamente parallelo all'asse orario della montatura equatoriale (sul cerchio di declinazione dovrete leggere il valore di 90 gradi)
  • rivolgete il telescopio verso il nord ed usando esclusivamente i moti di inclinazione ed orientazione dell'asse orario, centrate la stella polare nel cercatore.
  • osservando la cartina, centrate il reticolo del cercatore sul polo vero.

METODO DELLE COORDINATE DELLA STELLA POLARE

Se possedete dei cerchi graduati molto precisi, è sufficiente determinare l'ora siderale locale, puntare il telescopio (con il tubo reso parallelo all'asse orario - vedi paragrafo precedente) verso il Meridiano locale, impostare l'ora siderale sul cerchio graduato di ascensione retta (l'ora siderale locale viene definita come l'ascensione retta delle stelle che stanno culminando in quel momento al Meridiano locale) e poi puntare il telescopio sulle coordinate della stella polare (A.R.2h 23' 39", DEC 89ø 13' 11"- Eq.1993.0).

Naturalmente la stella polare non risulterà puntata nel telescopio, ma a questo punto sarà sufficiente inquadrarla al centro del campo del telescopio usando solo i moti di regolazione in azimuth ed in altezza dell'asse polare (NON bisogna usare i movimenti di A.R. e declinazione in questa fase!). Quando la polare è al centro del campo del telescopio principale, il gioco è fatto!

Ripetete per 2-3 volte questo procedimento si aumenterà la precisione di allineamento, che comunque non sarà migliore di una decina di primi d'arco. Per verificare la precisione sarà necessario utilizzare il metodo della deriva in declinazione.

METODO DELLA DERIVA IN DECLINAZIONE

È di gran lunga il metodo più preciso per ottenere la postazione equatoriale, ma è anche molto lungo ed impegnativo. È necessario utilizzare un oculare con reticolo illuminato che offra una visione totalmente capovolta (piena visione telescopica). Nel caso che si interpongano prismi o specchi deviatori occorrerà tenerne conto. Dopo avere ottenuto una postazione approssimativa con uno dei metodi descritti in precedenza o anche solo puntando semplicemente la polare nel cercatore (sempre con i soli moti in azimut e altezza), si deve procedere come segue:

1) Per regolare il puntamento in azimut:

  • con i normali movimenti del telescopio puntare una stella vicina al meridiano (+/- 8 gradi) ed all'equatore celeste (+/- 5 gradi) e centrarla nell'oculare con reticolo illuminato, orientando i fili del reticolo in modo che la stella "scorra" parallelamente ad uno dei fili quando si spegne il moto orario.

  • Accendete il moto orario a velocità siderale e osservate i movimenti della stella nel campo dell'oculare: Se dopo qualche minuto tende a rimanere immobile al centro del reticolo o se si sposta solo lungo il "filo" di ascensione retta, allora la postazione è perfetta.
  • Se la stella tende a muoversi verso SUD, allora l'asse orario punta troppo ad Est ed occorre correggere l'azimut dell'asse polare spostandolo (leggermente!) verso Ovest.
  • Se la stella tende a muoversi verso NORD, allora l'asse orario punta troppo ad Ovest ed occorre correggere l'azimut dell'asse polare spostandolo (leggermente!) verso Est. Terminate il controllo e le regolazioni solo quando la stella non tenderà più a spostarsi in declinazione

2) Per regolare il puntamento in altezza:

  • con i normali movimenti del telescopio puntate una stella ad Est, alta circa 20 gradi al di sopra dell'orizzonte e vicina all'equatore celeste (+/- 5 gradi) e centratela nell'oculare con reticolo illuminato, orientando i fili del reticolo in modo che la stella "scorra" parallelamente ad uno dei fili quando si spegne il moto orario.
  • Accendete il moto orario a velocità siderale e osservate i movimenti della stella nel campo dell'oculare: Se dopo qualche minuto tende a rimanere immobile al centro del reticolo o se si sposta solo lungo il "filo" di ascensione retta, allora la postazione è perfetta.
  • Se la stella tende a muoversi verso SUD, allora l'asse orario punta troppo verso il basso ed occorre aumentarne l'inclinazione (leggermente!).
  • Se la stella tende a muoversi verso NORD, allora l'asse orario punta troppo verso l'alto ed occorre diminuirne leggermente l'inclinazione.
  • Terminate il controllo e le regolazioni solo quando la stella non tenderà più a spostarsi in declinazione.
    Al termine di queste operazioni, la montatura del telescopio sarà perfettamente in stazione equatoriale, con un errore inferiore al primo d'arco.

IL CERCATORE CON RETICOLO POLARE

Il cercatore è un accessorio indispensabile del telescopio perché ci consente di puntare gli oggetti in modo diretto, senza usare i cerchi graduati. Da alcuni anni sono comparsi sul mercato dei cercatori 8x50 mm e 9x60 mm dotati di reticolo speciale che simula il quadrante di un orologio che compie un giro in 24 ore, con la stessa scala angolare del campo stellare che circonda il polo celeste nord ed in alcuni modelli anche il polo sud, figura XX, a. Questo reticolo, inciso su un vetrino illuminato lateralmente con un LED rosso ad intensità regolabile, è stato studiato per facilitare l'allineamento polare. Il cercatore polare è corredato con un regolo circolare che simula nella parte esterna l'incisione del vetrino del cercatore. Il principio di funzionamento del cercatore polare è il seguente:
  • tramite il regolo si determina la posizione della stella polare alla data e all'ora attuali relativamente all'incisione del reticolo.
  • si imposta il telescopio alla declinazione +90ø.0, e lo si ruota in A.R. in modo che uno dei fili del reticolo risulti perpendicolare alla linea dell'orizzonte.
  • usando i movimenti di inclinazione e rotazione azimutale dell'asse polare, bisogna inquadrare la stella polare nel cercatore, posizionandola nel settore circolare determinato con il regolo.
La precisione di questo metodo è discreta (+/- 10' d'arco), e dipende fortemente dalla precisione di allineamento del cercatore, dalla regolazione del cerchio di declinazione e dalla perpendicolarità degli assi della montatura equatoriale, molto critica nei telescopi commerciali a forcella. I vantaggi del metodo sono evidenti: grande velocità e semplicità. Si consiglia di far seguire un breve controllo con il metodo della deriva in declinazione.

IL CANNOCCHIALE POLARE

È l'accessorio principe per l'allineamento polare del telescopio. Si tratta di un piccolo cannocchiale inserito in un foro al centro dell'asse polare del telescopio. Il principio ed i suoi vantaggi è evidente: puntare il cannocchiale sul polo celeste equivale a puntarvi l'asse polare del telescopio.

Purtroppo il cannocchiale polare può essere inserito solo nelle montature alla tedesca perché l'asse polare delle montature a forcella è ostruito dalla presenza del tubo ottico (nn costruttore americano di accessori per telescopi commerciali ha però ideato un cannocchiale polare decentrato utilizzabile con i telescopi a forcella).

Sul corpo della montatura esiste una scala graduata che si riferisce all'ora della postazione, mentre, coassiale al tubo del cannocchiale polare, viene sistemato un cerchio graduato relativo alla data. Il reticolo interno viene tarato in fabbrica in modo che si trovi in una certa posizione rispetto ad un indice fisso che servirà per tarare il cerchio datario nel momento della postazione; questo indice può essere tarato anche dall'utente, seguendo un metodo piuttosto semplice e chiaro, basato sulla conoscenza dell'ora di culminazione della stella polare in una certa data.

Come nel caso dei cercatori polari, i cannocchiali polari sono dotati di vetrino inciso con un reticolo speciale che simula con la stessa scala angolare il campo stellare dei due poli celesti nord e sud. In questo caso però la graduazione per regolare l'angolo della stella polare (o di sigma Ottantis) alla data e all'ora della postazione si trova sull'esterno del cannocchiale polare.

Utilizzando i soliti comandi micrometrici che regolano l'altezza e l'azimuth dell'asse polare è sufficiente inserire la stella polare all'interno del circoletto o tra le tacche incise sul vetrino per ottenere una postazione di elevata precisione (+/-3' come minimo).

EFFETTI DI UN ALLINEAMENTO POLARE IMPRECISO

Un telescopio con la montatura non allineata con precisione al polo celeste insegue ugualmente gli oggetti celesti, che però tendono a spostarsi lentamente in direzione nord o sud, con velocità dipendente dall'entità dell'errore di stazionamento. Se viene eseguita una fotografia in tali condizioni, e si eseguono correzioni in declinazione per tutta la durata della posa, si scoprirà che il campo inquadrato registra una rotazione di entità direttamente proporzionale alla durata della posa ed all'errore di postazione. Le stelle al centro del campo risulteranno puntiformi ma quelle sui bordi saranno allungate in "archi".

LA GUIDA

La ripresa fotografica degli oggetti del profondo cielo richiede lunghe esposizioni, che possono variare, a seconda dei casi, da qualche minuto fino a qualche ora (!). Gli astrofili alle prime armi credono che durante le pose l'astrofotografo possa lasciare al telescopio ed al suo moto orario il compito di inseguire l'oggetto fotografato.

Purtroppo non è così.

Nessun moto orario al mondo, per quanto super-preciso meccanicamente e super-controllato elettronicamente, è in grado di inseguire con precisione un soggetto per più di pochi minuti, anche se il telescopio è stato messo perfettamente in stazione. Gli inevitabili piccoli errori meccanici del motore, degli ingranaggi di riduzione e della montatura del telescopio portano ad osservare una serie di piccole imprecisioni di inseguimento che hanno l'effetto di rovinare le foto, creando immagini stellari "strisciate". In particolare è noto il cosiddetto "errore periodico" o perioidismo della vite senza fine, che ha l'effetto di far compiere al telescopio una sorta di movimento oscillante ad ogni rotazione della vite senza fine che trasmette il movimento all'ingranaggio di trasmissione finale del moto orario.

Altre cause delle imprecisioni di inseguimento sono la turbolenza atmosferica e la rifrazione.

Pertanto, nel corso di ciascuna esposizione, il fotografo deve "guidare", tenendo una stella di guida, appositamente scelta prima di iniziare la ripresa, sempre al centro del reticolo illuminato di un oculare capace di forti ingrandimenti. Le correzioni dovranno essere eseguite tramite una pulsantiera che comanderà leggerissime variazioni di velocità del moto orario, compensando così i suoi errori. La guida consentirà di compensare anche eventuali spostamenti in declinazione dovute ad errori di postazione; le correzioni potranno essere eseguite con la pulsantiera se l'asse di declinazione è motorizzato, oppure con un comando meccanico.

CANNOCCHIALE DI GUIDA E GUIDA FUORI ASSE

La stella di guida deve essere inquadrata e seguita con un telescopio, che può essere un telescopio di guida, montato in parallelo al telescopio principale, oppure lo stesso telescopio principale, dotato di un accessorio ottico-meccanico chiamato guida fuori-asse. La guida fuori asse è un raccordo modificato che incorpora un piccolo prisma o specchio che intercetta parte della luce che sta per giungere alla fotocamera, dal bordo del campo, e la rinvia verso l'oculare di guida. Essa consente la guida con lo stesso telescopio con cui si fotografa.

L'impiego dell'uno o dell'altro dispositivo di guida presenta vantaggi e svantaggi. Il cannocchiale guida può essere ampiamente decentrato e consente la guida su qualsiasi stella visibile nel campo, comprese le stelle eventualmente sovrapposte all'oggetto da fotografare.

Con la guida fuori asse la ricerca della stella è molto più complessa perché il campo che inquadra è al bordo dell'oggetto fotografato. Non è raro il caso in cui con la guida fuori asse non si trovano stelle di guida sufficientemente luminose al bordo di un particolare oggetto ed è necessario provare a spostare l'oggetto ai bordi del fotogramma oppure rinunciare alla foto.

E' il caso, per esempio, della nebulosa planetaria GUFO M97, che non sono mai riuscito a fotografare con la guida fuori asse per mancanza di stelle di guida accettabili nei suoi dintorni. Il telescopio di guida è più luminoso e le immagini sono più nitide: le immagini che giungono all'oculare della guida fuori asse sono intercettate ai bordi dell'asse ottico e quindi deformate dalle aberrazioni extra-assiali.

In compenso il telescopio di guida soffre di flessioni meccaniche che non influenzano, per costruzione, la guida fuori asse. Infatti una guida accurata con un sistema fuori asse non ha possibilità di errori dovuti a flessioni meccaniche. Infine il telescopio di guida ed il relativo meccanismo di disassamento è molto più costoso di una guida fuori asse. Occorre inoltre ricordare che non è bene selezionare stelle di guida troppo distanti dal soggetto, per evitare gli effetti della rifrazione atmosferica , che ha provoca differenze di velocità a seconda della differenza di declinazione tra l'oggetto fotografato e la stella di guida.

GUIDA E PAZIENZA

La guida è l'aspetto più noioso del complesso procedimento che porta ad ottenere una foto al profondo cielo. Essa deve procedere in modo continuo nel corso dell'intera esposizione, senza pause. Ogni errore del fotografo può portare a risultati disastrosi.

Tra gli errori più comuni elenchiamo:

  • urto del telescopio e relativa vibrazione che crea un "mosso".
  • al buio un altro astrofilo inciampa nel filo elettrico di alimentazione del moto orario ed interrompe l'inseguimento.
  • per distrazione o per stanchezza si preme un pulsante sbagliato o si sposta un deviatore sulla pulsantiera invertendo il moto; si ottiene un mosso.
  • si imposta sulla fotocamera un tempo diverso dalla "B", ma si continua a guidare convinti che il suono di scatto dell'otturatore sia quello di apertura dello stesso; in realtà si è scattata un'istantanea al cielo.


La guida è faticosa perché per lunghi periodi il fotografo deve stare con l'occhio incollato ad un oculare di corta focale, spesso in posizioni scomode, vedendo solo una croce rossa ed una debole stellina e facendo in modo che essa rimanga sempre al centro della croce (o meglio in uno dei suoi angoli).

La guida mette a dura prova la resistenza psico-fisica del fotografo. Io non sono mai riuscito a guidare una singola foto per più di 40 minuti e per più di 2 ore a notte, ma conosco diversi stakanovisti che sono stati capaci di guidare per 3 ore consecutive senza mai staccare l'occhio dall'oculare di guida! Per chi, come me, non sopporta le lunghe pose, hanno però inventato i riduttori di focale, che consentono di ridurre le esposizioni di 2-3 volte, e soprattutto gli inseguitori automatici CCD.

Per chi non si può permettere un inseguitore CCD, consigliamo di cercarsi un assistente con cui alternarsi alla guida. Dopo avere provato un paio di volte il "cambio" all'oculare di guida, sarà possibile ottenere buone foto posate per ore senza che i due fotografi si stanchino particolarmente. Può essere accettabile guidare per una decina di minuti a testa, mentre quello che non guida si dedica alle osservazioni visuali con un altro strumento.

LA GUIDA - TRUCCHI E CONSIGLI

Per impedire che gli errori di guida provochino l'allungamento delle immagini stellari è necessario guidare ad alto ingrandimento. In particolare, l'ingrandimento di guida efficace per ottenere immagini stellari ben rotonde dipende dalle dimensioni della grana della pellicola. In genere una pellicola ad alta sensibilità come la Kodak T-Max (da 400 ISO in su) o la Scotch Chrome 1600 è costituita da grani di sali d'argento di dimensioni pari a circa 40 micron. La notissima Kodak Technical Pan 2415 invece ha una granulosità inferiore ai 5 micron e necessita quindi di una guida molto più accurata.

Per pellicole granulose l'ingrandimento di guida dovrebbe essere vicino al valore della lunghezza focale in centimetri del telescopio fotografico. Quindi utilizzando un telescopio con 150 cm di focale si dovrebbe guidare con 150 ingrandimenti. Nella pratica, ho sperimentato personalmente che se il seeing è medio, il moto orario è di buona qualità e se la guida è "morbida" sono sufficienti minori ingrandimenti, anche la metà di quelli canonici, per ottenere fotogrammi ben inseguiti.

Va rilevato che gli oculari di guida sono normalmente da 12.5 mm di focale, e pertanto se si guida fuori asse senza riduttore di focale l'ingrandimento di guida che ne risulta è inferiore a quello "canonico" (che si otterrebbe con un oculare da 10mm di focale). Naturalmente è sempre possibile impiegare lenti di Barlow per aumentare gli ingrandimenti, sempre che l'estrazione di fuoco del sistema ottico lo consenta.

Particolarmente intelligente è il proiettore di reticolo della Vixen, che proietta un reticolo basculabile e decentrabile nel campo di qualsiasi oculare si voglio utilizzare: con questo dispositivo si può scegliere l'ingrandimento di guida a piacere.

Guidare su una stella significa centrarla sul reticolo, continuando a vederla per tutta la durata della posa. Centrarla sul reticolo con un telescopio di guida è relativamente facile, perché i comandi di disassamento di cui questo è dotato consentono questa operazione in modo veloce e preciso.

Utilizzando una guida fuori asse il compito è molto più arduo, perché non si può muovere il telescopio dalla posizione trovata, che punta l'oggetto da fotografare. In questo caso occorre ruotare il corpo della guida fuori asse sperando di centrare la stella sul reticolo. Per facilitare il fotografo in questo compito sono disponibili gli oculari con reticolo delle marche Vixen e Meade che consentono di spostare il reticolo sulla stella e non viceversa.

La stella di guida è spesso ai limiti della visibilità, specie utilizzando la guida fuori asse ed è necessario posizionarla in modo che la luce dei fili del reticolo non la nascondano. Per fortuna esistono molti oculari il cui reticolo è "a centro libero" (vedi figura): al centro si potrà posizionare la stella. Nel caso dei reticoli a croce semplice sarà sufficiente posizionare la stella in uno qualsiasi degli angoli formati dai 2 fili.

PRECISIONE DI GUIDA

Lo spostamento tollerabile della stella rispetto al reticolo durante la guida dipende dall'ingrandimento di guida rispetto alla focale del telescopio ed alla granulosità della pellicola. La regola generale è che non si dovrebbe consentire alcun movimento alla stella rispetto alla posizione iniziale, ma se si utilizzano corte focali e se la postazione del telescopio è eccellente si può pensare di controllare l'inseguimento non di continuo ma ogni trentina di secondi, per non affaticarsi eccessivamente.

Quando si fotografa in parallelo con obiettivi di cortissima focale (al di sotto dei 100mm) e se la postazione è buona, è possibile anche non guidare affatto, sempre che non ci sia vento.

il PEC

La Correzione dell'Errore Periodico, o PEC, è una trovata di alcuni fabbricanti di telescopi che ha la funzione di ridurre l'errore periodico della vite senza fine (dovuto alle irregolarità della forma della vite senza fine), che causa gran parte degli errori di inseguimento del moto orario.

Il PEC consiste in un circuito programmato per memorizzare le correzioni impartite dal fotografo durante una "prova di guida", per poi ri-eseguirle per tutta la durata della sessione fotografica. L'idea è buona e consente di aumentare la precisione di guida e di alleviare lo stress del fotografo, che con il PEC in funzione deve intervenire meno spesso nelle correzioni.

Autoguida CCD

Il CCD è un dispositivo elettronico sensibile alla luce che può essere impiegato per sostituire letteralmente il fotografo durante le operazioni di guida. Collegando in modo appropriato un inseguitore automatico CCD ai motori di ascensione retta e di declinazione del telescopio, ed applicando la testata che contiene il chip CCD al telescopio di guida o alla guida fuori asse, esso si aggancerà ad una stella visibile nel campo e la terrà perfettamente centrata su uno dei suoi pixel (elementi di immagine), senza stancarsi, e soprattutto senza sbagliare.

Una vera panacea, ideale ovviamente per chi vuole ottenere astrofotografie perfette a lunghissima esposizione senza stancarsi. Le camere CCD possono essere anche collegati a computer ed impiegati come camere di ripresa, simili a telecamere ma dotati di sensibilità enormemente superiori. Il prezzo di questi dispositivi è però piuttosto elevato.

LUMINOSITA' E POSA

Il tempo di esposizione necessario per impressionare la pellicola fotografica dipende dalla luminosità dei soggetti, dalla sensibilità della pellicola e dal rapporto focale del telescopio utilizzato. Del primo fattore si è già parlato, del secondo si tratterà nel prossimo paragrafo.

Il rapporto focale del telescopio, o luminosità fotografica, è il rapporto tra la lunghezza focale effettiva ed il diametro efficace dello strumento. Esso è espresso da un numero che è direttamente proporzionale al tempo di esposizione. Maggiore sarà il numero, più lunga sarà la posa necessaria ad impressionare la pellicola. La relazione matematica che lega il r.f. con il tempo di esposizione è il seguente:

T.E.= r.f.2 x C (fattore di correzione dovuto alla luminosità del fondo-cielo).

Risulta pertanto evidente che un incremento modesto del rapporto focale provoca un forte aumento del tempo di esposizione, a parità di pellicola impiegata. Se per esempio utilizzassimo un telescopio di luminosità f/5 con pellicola da 400 ISO esente dal difetto di reciprocità, e cielo normalmente limpido senza luna, il tempo di esposizione necessario sarebbe di 52=25 minuti. Nelle stesse condizioni, con un telescopio f/8 sarebbe necessaria una esposizione di 82=64 minuti e così via. Alcuni telescopi "nati" f/10 od ancora meno luminosi, avrebbero bisogno di tempi di esposizione di oltre un'ora e mezza, che possono risultare troppo faticosi, ma per fortuna esistono i riduttori di focale e le pellicole super-rapide.

LE PELLICOLE per il Profondo Cielo

La pellicola è la vera, insostituibile protagonista di ogni processo fotografico, e deve essere scelta, usata e trattata in modo corretto per ottenere i risultati voluti.

Colore o bianco e nero?

I maggiori progressi della tecnologia chimica fotografica si sono avuti soprattutto nel colore, a causa di evidenti esigenze di natura commerciale. Le moderne emulsioni a colori raggiungono sensibilità fino a pochi anni impensabili, come nel caso della Konica 3200 ISO. Nel caso del bianco e nero, la Kodak T-Max è invece in grado di giungere a 50.000 ISO. Oltre a questo si è migliorata la risposta delle emulsioni ai vari colori dello spettro, ora più bilanciata, e soprattutto si sono ottenuti risultati spettacolari dal punto di vista della granulosità.

Essendo la sensibilità dell'emulsione sensibile proporzionale alla superficie che i cristalli di sali d'argento rivolgono alla luce, in passato per aumentare la sensibilità si aumentavano le dimensioni dei cristalli, con lo sgradevole effetto collaterale di avere immagini "sgranate", con forte perdita di nitidezza e di dettaglio. Ora grazie alla nuova tecnologia che impiega o cristalli piatti T-Grain, oltre ad altre diavolerie chimiche che saranno trattate nell'apposito articolo dedicato alle pellicole, si ottengono alte sensibilità e grana molto fine.

Tra i proseliti della fotografia al profondo cielo, troviamo due "scuole" distinte: quelli che prediligono il bianco e nero e quelli che non usano altro che il colore. Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell'uno rispetto all'altro?

LE PELLICOLE A COLORI:

  • sono in grado di riprodurre meglio le sfumature tonali delle immagini. Un'emulsione in bianco e nero non può mostrare più di poche decine di sfumature di grigio, mentre una a colori può riprodurre milioni di sfumature cromatiche.
  • le negative a colori sono in grado di assorbire forti differenze di luminosità (hanno una grande latitudine di posa), compensando in modo efficace il tipico "difetto" di molte immagini astronomiche, in parte sovraesposte (per esempio i nuclei delle galassie) ed in parte sottoesposte (le braccia delle galassie). Non si può dire altrettanto delle diapositive a colori.
  • offrono foto astronomiche cromaticamente molto sbilanciate (i colori non sono reali) a causa delle forti differenze di reciprocità (vedi più avanti) tra i vari strati di emulsione sensibili ai vari colori.
  • il loro trattamento di sviluppo e stampa "in casa", pur fattibile, è piuttosto complesso ed i risultati sono meno curabili e controllabili dal fotografo rispetto al bianco e nero.
  • non possono essere usate con filtri colorati

LE PELLICOLE IN B&N:

  • sono molto facili da trattare (sensibilizzare, sviluppare, stampare) in proprio, al contrario di quelle a colori. I risultati sono meglio controllabili dal fotografo, che può anche rimediare ad eventuali errori.
  • possono essere impiegate con filtri colorati.
  • sono più nitide (a parità di sensibilità)
  • è facile ipersensibilizzarle
  • sono le uniche utilizzate dagli astronomi professionisti; pertanto esiste una grande mole di documentazione tecnica che le riguarda proprio per l'utilizzo astronomico.
  • le foto con materiali in bianco e nero riprese da astrofili possono essere utilizzate dagli astronomi professionisti per integrare le loro ricerche. Il colore sarebbe inutilizzabile per questi scopi.
     
PELLICOLA COL./B&N SENSIBILITA' NOTE:
FUJICHROME 400 COLORE- DIA 400 grana fine, dominante verde
FUJICOLOR SUPER HG 400 COLORE - NEG 400 ottimo bilanciam.cromatico, grana ultra-fine
SCOTCH CHROME 800-3200 COLORE - DIA 800-3200 molto rapida, buona sensibilità al rosso- sensibilità variabile
KONICA 3200 COLORE -NEG 3200 super-rapida, elevatissima latitudine di posa
KODAK EKTACHROME P800-3200 COLORE-DIA 800-3200 poco sensibile al rosso
KODAK TECHNICAL PAN 2415 B&N 25-250 super-pancromatica, grana inesistente, contrasto altissimo, la migliore bianco e nero esistente
KODAK T-MAX 800 B&N 400-50.000 molto rapida in generale, ma poco sensibile al rosso. Grana grossa nelle alte sensibilità

CENNI SUI TRATTAMENTI DI IPERSENSIBILIZZAZIONE

Il termine "pellicola ipersensibilizzata" fa parte ormai del gergo dell'astrofilo. L'ipersensibilizzazione è un trattamento chimico-fisico che viene eseguito sulla pellicola prima che venga esposta, per aumentarne la sensibilità e per attenuarne il difetto di reciprocità. Oggigiorno l'unico trattamento di ipersensibilizzazione praticato (tra i molti esistenti) è quello della "cottura" della pellicola in "forming gas", una miscela di gas idrogeno ed azoto (oppure solo idrogeno).

Questo trattamento ha lo scopo di portare via l'acqua e l'ossigeno (che hanno effetti desensibilizzanti) dall'emulsione, oltre a velare leggermente la pellicola a causa dell'effetto riducente dell'idrogeno. Tralasciando i dettagli chimici, la pellicola così trattata risulta da 2 a 50 volte più sensibile della pellicola normale, con evidenti vantaggi per gli usi astrofotografici. Inoltre viene ridotto il difetto di reciprocità (i materiali foto-sensibili perdono sensibilità all'aumentare del tempo di esposizione; può capitare che una 400 ISO, dopo pochi minuti abbia una sensibilità reale di poche decine di ISO).

E' possibile ipersensibilizzare tutti i tipi di pellicole, sia a colori che in bianco e nero. I migliori risultati si ottengono però con la mitica pellicola Kodak Technical Pan 2415, che raggiunge dopo il trattamento la sensibilità di 250 ISO, con difetto di reciprocità molto ridotto, conservando la granulosità di una pellicola per microfilm e le caratteristiche di pellicola "super-pancromatica", molto sensibile cioè al rosso.

RIDUTTORI E DUPLICATORI DI FOCALE

La focale del telescopio fotografico può essere modificata introducendo tra la fotocamera ed il telescopio dei sistemi di lenti in grado di aumentare o diminuire la lunghezza focale complessiva del sistema. Nella fotografia al profondo cielo si impiegano sovente i riduttori di focale, reperibili facilmente per i telescopi di tipo Schmidt-Cassegrain.

Essi riducono la focale anche della metà, aumentando la luminosità ed il campo inquadrato. In compenso quasi tutti i riduttori danneggiano un po' la qualità delle immagini, introducendo astigmatismo, aberrazione sferica e soprattutto vignettatura. La vignettatura è una perdita di luminosità dal centro ai bordi dell'immagine, molto forte nei riduttori di vecchia progettazione.

Alcuni produttori hanno corretto questo difetto in alcuni (costosi) nuovi modelli di riduttore di focale. Con un riduttore che porta la focale da 2000 mm a 1260 mm, la luminosità sale da f/10 a f/6.3 ed il tempo di posa di riferimento scende del 60%. Uno dei più diffusi è il riduttore-correttore Celestron, ma funzionano bene anche quello incluso nella guida fuori asse Lumicon e quello della Astroptics.

Ricordiamo che la riduzione della focale diminuisce la necessita' di una guida accurata, facilita la messa a fuoco e migliora la visibilità degli oggetti nei mirini delle fotocamere, ma diminuisce anche la magnitudine limite raggiungibile dal sistema ottico.

L'uso di aggiuntivi ottici che aumentano la focale - i duplicatori o triplicatori di focale,è consigliabile solo nel caso che si desideri fotografare oggetti di piccolissima estensione angolare (come molte nebulose planetarie, galassie, ammassi globulari distanti). L'uso di focali troppo corte darebbe luogo ad immagini troppo piccole per essere utilizzate. I duplicatori di focale vengono prodotti da tutte le case produttrici di fotocamere e obiettivi, e sono reperibili facilmente in ogni negozio di articoli fotografici a prezzi anche contenuti. Lo scotto da pagare nell'utilizzo di questi aggiuntivi ottici è la necessità di raddoppiare i tempi di posa, guidare con il doppio degli ingrandimenti e con il doppio della precisione.

DIAMETRO DEL TELESCOPIO E RISULTATI

In questo tipo di fotografia astronomica l'importanza dell'apertura del telescopio è molto ridotta, mentre è molto importante la lunghezza focale. Con le potenzialità delle moderne pellicole è difficile riuscire a sfruttare a fondo un buon telescopio da 10 cm di apertura e 100 cm di focale, in grado di offrire immagini fotografiche del profondo cielo difficilmente distinguibili, sempre che si operi con la necessaria precisione e con le giuste tecniche, da quelle prodotte con un telescopio 2 volte più aperto. Provate a confrontare le immagini di M??, realizzate con il telescopio Tele-Vue Genesis da 100mm di diametro e 800mm di focale, pubblicate qui di fianco, con quelle degli stessi soggetti realizzate con telescopi da 200 e 250 mm.

E' invece chiaro che, a parità di focale, una maggiore apertura consentirà di sfruttare la maggiore luminosità per ridurre i tempi di esposizione, con chiaro vantaggio per il fotografo.

Fotografia in parallelo - Soggetti e metodi

Il primo passo per chi vuole imparare le tecniche della foto al profondo cielo è la fotografia in parallelo. La macchina fotografica viene montata a cavallo del telescopio principale, utilizzando i propri obiettivi per fotografare il cielo ed il telescopio come supporto motorizzato e come telescopio di guida. L'unico dettaglio da curare in questo tipo di fotografia è il corretto bilanciamento dell'insieme. Infatti la fotocamera montata a cavallo del tubo sbilancia parecchio il telescopio e può portare a grossi problemi di vibrazioni al minimo alito di vento. E' possibile utilizzare tutti gli obiettivi del proprio "parco": dal fish-eye al super-tele da 500mm, passando per tutte le focali intermedie. I vantaggi principali di questo tipo di fotografia sono:
  • la possibilità di scegliere le focali più adatte ad ogni soggetto
  • l'uso di obiettivi luminosi , il che si traduce in brevi tempi di posa oppure nella possibilità di usare pellicole meno sensibili e quindi più nitide.
  • guida meno accurata
  • possibilità di uso di filtri anche molto densi
La tecnica di ripresa è semplicissima. Montato e messo in stazione equatoriale il telescopio, si monta la macchina fotografica con l'obiettivo prescelto utilizzando un apposito supporto parallelo (piggyback), disponibile come accessorio presso molti produttori di telescopi e spesso fornito a corredo con lo strumento. Effettuato un accurato bilanciamento dell'insieme, si monta lo scatto flessibile, si imposta il tempo di esposizione B e si apre il diaframma dell'obiettivo al valore massimo consentito. Si punta la zona interessata con il telescopio, si monta sullo stesso un oculare con reticolo e, prescelta una stella di guida, si inizia l'esposizione facendo scattare l'otturatore della fotocamera.

In questo genere di fotografia l'accuratezza della guida ha un'importanza meno determinante a causa delle corte lunghezze focali in gioco. Considerando infatti che il tipico oculare con reticolo illuminato ha una focale di circa 12mm, l'ingrandimento di guida è sempre medio-alto anche impiegando telescopi di focale relativamente corta e tale da consentire ampi margini di oscillazione del moto orario senza che questi siano visibili nella foto.

I soggetti adatti a questo tipo di fotografia al profondo cielo sono quelli di grande estensione e vanno dall'intera volta celeste (obiettivi fish-eye) ad ampie zone della Via Lattea (super-grandangolari e grandangolari), dalle costellazioni (obiettivi normali e piccoli tele) alle nebulose e galassie più estese (tele medi e lunghi). La qualità delle immagini che è possibile ottenere dipende più dalla scelta delle pellicole e delle focali in relazione ai vari soggetti che dalla precisione della guida.

LA MESSA A FUOCO

Questa operazione è una delle più difficili da eseguire e dagli esiti più incerti. Anche se non mancano metodi in grado di offrire risultati affidabili, molto spesso una buona messa a fuoco dipende solo dall'esperienza del fotografo, dall'acutezza della sua vista e dalla sua conoscenza di una particolare macchina fotografica.

Osservando un normale campo stellare nel mirino di una comune macchina reflex applicata al telescopio, si vede poco o nulla, e solo le stelle più luminose saranno visibili come sorgenti luminose non troppo definite. Puntando una stella brillante e provando a metterla a fuoco, risulterà piuttosto difficile distinguere l'esatta posizione del fuocheggiatore in cui la stella apparirà puntiforme. Nella pratica la stella "sembrerà" a fuoco in un ampio intervallo di regolazione del fuocheggiatore; la maggiore difficoltà dell'operazione consiste proprio nel saper valutare con sicurezza il punto esatto. La responsabilità di questa incertezza va attribuita alla scarsa luminosità dello schermo di messa a fuoco della fotocamera, un vetrino sagomato in modo particolare (è una lente di Fresnel) in parte smerigliato ed in parte dotato di particolari dispositivi ottici (telemetro ad immagine spezzata, corona di microprismi), progettato per agevolare la messa a fuoco con obiettivi di corta focale ed alta luminosità (più luminosi di f/4). Siccome un telescopio è, di solito, meno luminoso di f/4, uno schermo di messa a fuoco standard ci offrirà immagini buie e difficilmente utilizzabili per mettere a fuoco immagini stellari. Per fortuna esistono molte fotocamere in commercio che consentono la sostituzione degli schermi di messa a fuoco con altri tipi più chiari e più adatti alla messa a fuoco con lunghe focali e con obiettivi di bassa luminosità. Supponendo di dotare una fotocamera di uno schermo molto luminoso, si vedranno immagini più luminose ma non si otterrà comunque una visione neanche lontanamente paragonabile a quella fornita da un oculare. Rimarrà sempre una certa dose di incertezza durante le operazioni di messa a fuoco.

Constatata la necessità di metodi affidabili per determinare la messa a fuoco del telescopio fotografico, anche usando fotocamere "standard", passiamo ad esaminare brevemente i metodi più usati per raggiungere lo scopo:

1) prova fotografica

2) messa a fuoco su Luna o pianeti

3) test di focault sul piano-pellicola

4) sostituzione della fotocamera con sistema oculare di uguale tiraggio

5) utilizzo di appositi dispositivi (Shure Sharp, MFFT, etc.)

La prova fotografica consiste nell'eseguire sullo stesso fotogramma più esposizioni di breve durata su una stella luminosa, spostando leggermente la posizione del telescopio e modificando ad ogni esposizione la messa a fuoco, avendo cura di segnare ciascuna posizione del fuocheggiatore. Per eseguire le esposizioni multiple sullo stesso fotogramma sarà sufficiente bloccare la macchina in posa "B" e adoperare il tappo del telescopio come otturatore. Un tempo di esposizione di riferimento con un telescopio f/10 e con una pellicola da 400 ISO è dell'ordine dei 30 secondi. Sviluppando il fotogramma, si sceglierà l'immagine più piccola possibile e si utilizzerà la posizione corrispondente del fuocheggiatore per eseguire le fotografie.

La messa a fuoco sulla Luna o sui pianeti è uno dei sistemi più usati per determinare la messa a fuoco "sul campo" con buone possibilità di successo. In qualsiasi periodo dell'anno è sempre presente un pianeta in cielo da utilizzare come soggetto grande e brillante, ben visibile nel mirino della fotocamera. I migliori soggetti per questo tipo di messa a fuoco "a campione" sono la luna (che però è disponibile di rado nelle serate scelte per la fotografia al profondo cielo) per i suoi brillanti contrasti tra luci e ombre, e Saturno, per la nitidezza a lama di rasoio dei suoi anelli, ben visibili anche nei mirini più scuri. Trovata la messa a fuoco, sarà sufficiente segnarla sul corpo del fuocheggiatore e non spostarla più.

Il test di Focault da eseguire sul piano pellicola consiste nell'aprire il dorso della macchina fotografica, già montata sul telescopio, puntare una stella brillante, posizionare un oggetto con bordo tagliente (una vecchia lametta da barba va benissimo) sulle guide della pellicola e porre l'occhio dietro di esso. Muovendo il fuocheggiatore si raggiungerà la messa a fuoco esatta quando lo specchio improvvisamente si illuminerà. Occorre naturalmente che il moto orario sia innestato per inseguire la stella durante l'operazione.

La sostituzione della fotocamera con un sistema oculare di uguale tiraggio (la distanza tra la flangia dell'adattatore ed il piano-pellicola) è il sistema che prediligo, utilizzabile soprattutto da chi possiede una guida fuori asse Lumicon, che consente la rimozione del gruppo fotocamera + anello T2 + anello adattatore diam.2", sostituibile in pochi secondi con un oculare da 2" di diametro o con un oculare di diametro inferiore dotato di adattatore per portaoculari da 2". Con tale sistema, dopo opportuna taratura da eseguire una tantum, si esegue o si controlla la messa a fuoco e si verifica inoltre (cosa molto importante!) che l'oggetto puntato si trovi effettivamente inquadrato nel campo. Fatto questo si rimonta la fotocamera.

Un sistema simile può essere utilizzato anche da chi non possiede il dispositivo della Lumicon, e prevede l'acquisto in un negozio di articoli fotografici di un "telescoper" o cannocchializzatore per il vostro tipo di baionetta fotografica. Si tratta di un sistema ottico composto da un oculare da 10mm di focale, un gruppo prismatico raddrizzatore di immagine ed un innesto meccanico femmina a vite o a baionetta (a seconda dell'innesto della vostra marca di fotocamera), ideato per trasformare i comuni obiettivi fotografici in cannocchiali terrestri. Viene prodotto e commercializzato dalla Kenko per tutti gli attacchi, ad un costo dell'ordine delle 160.000-200.000 lire. Il suo utilizzo è semplicissimo: si toglie la fotocamera, lasciando però l'anello T2 montato sul telescopio e si innesta il "telescoper" al posto della macchina. Siccome il piano focale dell'oculare si trova esattamente nella stessa posizione del piano-pellicola della fotocamera, mettendo a fuoco con il telescoper si metterà a fuoco anche per la fotocamera.

I difetti del sistema sono la corta focale dell'oculare, che obbliga a fuocheggiare ad alto ingrandimento, e la scomodità, per chi possiede telescopi a fuoco posteriore, di dover osservare senza diagonale. L'unica cosa a cui stare attenti è che questi dispositivi prevedono la regolazione delle diottrie, per compensare eventuali difetti visivi dell'osservatore. Una errata taratura (occorrono delle prove) può portare ad errori.

Dopo avere eseguito la messa a fuoco si rimonterà la macchina e si potrà iniziare a fotografare.

L'ultimo sistema è il migliore, sia dal punto di vista teorico che pratico, e prevede l'acquisto di accessori non proprio economici ma decisamente efficaci ed affidabili. Anche in questo caso è prevista la rimozione temporanea della fotocamera, per consentire il montaggio di dispositivi appositivamente studiati per avere lo stesso tiraggio della macchina e per eseguire la messa a fuoco al suo posto.

Prodotti da vari fabbricanti, essi sono basati sui test di Focault e di Ronchi con cui si determina con assoluta precisione il punto esatto di messa a fuoco del telescopio nella posizione focale desiderata. I migliori in commercio sono il Multi Funcion Focal Tester (Dispositivo multi-funzione per il controllo della messa a fuoco) o MFFT della Celestron, importato dalla ditta Auriga ed il Sure Sharp (Sicuramente Nitido) della Spectra Source, quest'ultimo non importato in Italia. Il metodo di utilizzo di questi sistemi ricalca sostanzialmente i metodi descritti in precedenza, che però sono più empirici.

Per chi può permettersi di spendere 3-400 mila lire per questi dispositivi, sappia che essi rappresentano LA soluzione al problema della messa a fuoco del telescopio. Essi infatti offrono l'assoluta sicurezza di avere fuocheggiato la macchina fotografica in modo perfetto.

EFFETTI DI UNA MESSA A FUOCO NON CORRETTA

Immagini stellari grandi, scarso dettaglio, minore magnitudine limite, basso contrasto.

IL PUNTAMENTO DEGLI OGGETTI

 

ASTROFOTOGRAFIA e COMPETITIVITA'

Il profondo cielo esercita un fascino molto forte sugli astrofili, ed ha generato un certo tipo di cultura astronomica fuori dal convenzionale, che a mio parere può essere distorta e generare distorsioni. Anche se può essere antipatico e discutibile criticare i vari modi di intendere un hobby, che come passatempo dilettantistico si pratica per puro piacere, trovo importante ricordare che l'Astronomia è qualcosa di più di un passatempo, o almeno può esserlo per il dilettante volenteroso: è una Scienza. Nell'Astronomia del profondo cielo praticata con mezzi visuali, l'astrofilo diventa un collezionista di oggetti "visti", ed è sempre alla ricerca di nebulose e galassie sempre più deboli. Nel corso delle osservazioni il cacciatore di oggetti del profondo cielo impara a conoscere il cielo in modo eccellente, e questo è utile e formativo. Quando questo astrofilo decide di passare dall'astronomia visuale alla fotografia per il desiderio di immortalare sulla pellicola quanto ha visto in diretta al telescopio, non ho nulla da eccepire.

Purtroppo però esistono moltissimi, troppi astrofotografi che non conoscono il cielo, non avendo fatto il necessario tirocinio visuale e non hanno una sufficiente cultura astronomica. Essi sono quindi dei "fotografi" che hanno per soggetto il cielo. Non sono interessati agli oggetti fotografati ma solo al loro aspetto estetico, e giungono a credere di possedere improbabili capacità "artistiche", dimenticando che la fotografia astronomica è un puro tecnicismo. Queste caratteristiche non sono però negative in quanto tali (sono tutt'al più un po' buffe), ma possono diventare molto fastidiose quando vengono affiancate allo spirito competitivo che notoriamente contraddistingue i fotografi o i pittori dilettanti, sempre in gara (con odio) tra loro. Lo spirito competitivo non fa bene alle associazioni culturali perché genera tensioni tra gli associati ed ostacola l'instaurazione e la conservazione dell'indispensabile sentimento di amicizia e di collaborazione.

FINALIZZAZIONE DELLA FOTOGRAFIA AMATORIALE DEL PROFONDO CIELO

Esistono molti modi di finalizzare l'astrofotografia del profondo cielo Prima fra tutte, la sorveglianza del cielo, che spesso ha portato alla scoperta di comete, novae e supernovae. La fotografia è anche utilizzabile per studiare il comportamento delle stelle variabili a medio ed a lungo periodo e per studiare l'evoluzione delle chiome e code cometarie. Un utilizzo pratico ma non scientifico è la compilazione di un atlante fotografico personale del cielo, realizzato con varie tecniche, soprattutto utilizzando la fotografia in parallelo al telescopio. Un altro scopo è quello della sperimentazione di nuove tecniche e di nuovi materiali - dalle pellicole ai dispositivi elettronici, allo scopo di divulgarne i risultati tramite articoli su riviste del settore. In questo caso si contribuisce in modo fattivo alla cultura astronomica della comunità degli astrofili. 
 

 

 

 

statistiche d'accesso